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Un esempio virtuoso

Il problema della sostenibilità ambientale, per affermarsi e diventare davvero un nuovo modello di sviluppo economico sociale, ha bisogno di esempi e deve diventare un nuovo modo fare impresa.

Un esempio molto forte e concreto ce lo fornisce una delle più antiche aziende alimentari svizzere: la Nestlè.

Fondata nel 1866 da Henry Nestlè a Vevey, nel cantone svizzero di Vaud, è oggi la più grande azienda alimentare del mondo.

Henrì Nestlè è stato un farmacista e dopo aver inventato un prodotto per neonati: la Farine Lactée, ovvero il latte in polvere, visto l’enorme successo aprì l’omonima azienda. Il suo secondo successo fu il Nescafè, studiato ed utilizzato dall’esercito americano durante la seconda guerra mondiale.

La Nestlè è stata anche oggetto di accuse ma la notizia più importante di cui vogliamo parlare è la sua decisione di abbattere i gas serra del 100% e quindi arrivare ad emissioni zero in tutti i suoi siti produttivi entro il 2050.

In Italia è partita molto bene e ha già ridotto del 50% circa le emissioni nocive potenziano l’uso di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

La produzione di energia elettrica però è solo una piccola parte del problema, l’inquinamento ambientale causato dalle produzioni alimentari, riguarda l’intera filiera.

Il cambiamento climatico, per le produzioni alimentari, è veramente un dramma e la conseguente produzione di cibo ne viene gravemente colpita.

Tristemente succede che la produzione e la filiera alimentare sono, allo stesso tempo, anche le principali responsabili del cambiamento climatico.

Come intervenire allora? La Nestlè si pone come capofila sperimentando nuove soluzioni.

Le materie prime, la produzione, gli imballaggi, i trasporti, e le scelte d’acquisto dei prodotti da parte dei consumatori formano la grande catena su cui intervenire. Ogni singolo anello di questa catena va sanato, migliorato e rinnovato.

Alla fonte vi è la produzione di materie prime che da sole sono responsabili dei 2/3 di emissioni di CO2. Si sta quindi intervenendo con pratiche di agricoltura rigenerativa. Questo in pratica significa non usare più pesticidi, applicare la rotazione delle culture (nota bene che gli Etruschi la praticavano già 3000 anni fa e l’hanno insegnata al mondo), lotta alla deforestazione, ricoprire il suolo e nutrirlo scientificamente.

Per la produzione è utile passare il più rapidamente possibile alle fonti di energia  rinnovabile. Inoltre si sta sviluppando sempre di più lo sforzo di agire anche sui rifiuti di produzione tramite riciclo e compostaggio. L’operazione viene chiamata “Zero Waste for Disposal”.

Per i trasporti bisogna agire sul potenziamento delle alternative alla gomma, cioè incrementare i trasporti su rete ferroviaria e sulle vie navali.

La Nestlè si è impegnata ad investire più di 3 miliardi di franchi svizzeri, a breve periodo, per raggiungere l’ambizioso programma che sicuramente riuscirà.

Non sono solo le aziende virtuose a doversi sforzare però, siamo tutti noi a doverlo fare.

La politica deve legiferare per la difesa dell’ambiente e del bene comune.

L’informazione seria e responsabile deve comunicare la verità e monitorare la realtà denunciando chi agisce contro l’ambiente ed il bene comune.

Le aziende si devono impegnare e convertirsi alla sostenibilità: devono inoltre comunicare bene i loro prodotti mitigando anche i prezzi al consumo.

La pubblicità dovrebbe seguire un codice etico ed infine i consumatori devono maturare quella coscienza critica e sociale che va al di là del “primo prezzo”, che spesso fa bruciare il risparmio ottenuto in medicinali.

Il cammino è lungo, ma la strada è stata tracciata, da un semplice sentiero sta diventando una autostrada a 4 corsie, percorsa da veicoli ad impatto zero.

Marco Brambilla